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Ancisi sul nuovo potabilizzatore della Standiana: "Ravenna come pantalone"

Nota- Questo comunicato è stato pubblicato integralmente come contributo esterno. Questo contenuto non è pertanto un articolo prodotto dalla redazione di RavennaToday

"Si è appena celebrata l'inaugurazione del potabilizzatore della Standiana. Renderà potabili 20 milioni di metri cubi l'anno di acqua del fiume Po, attinta, tramite 40 chilometri di condotte, dal Canale Emiliano-Romagnolo. Per il sindaco di Ravenna "è una giornata importante per la Romagna" perché l'impianto consentirà "ad una consistente parte del territorio oggi dipendente esclusivamente da Ridracoli" (il grande lago artificiale dell'omonima località montana che raccoglie l'acqua del fiume Bidente) "di disporre di una valida alternativa". Non è il caso di Ravenna. Ma soprattutto significa che Ravenna non riceverà più una goccia dell'ottima acqua di sorgente dell'acquedotto di Ridracoli, 3.000 litri al secondo, che però nel nostro comune arrivavano già a piccole dosi e solo nelle aree meno distanti dall'appennino forlivese. Andrà tutta nel resto della Romagna. Dovremo accontentarci, in aggiunta alle acque dei fiumi Reno e Lamone e del Po stesso potabilizzate dallo storico acquedotto NIP di Ravenna, di quella del fiume Po potabilizzata dal nuovo impianto. Tutte acque pesantemente trattate da ogni sozzeria, non certo paragonabili con l'acqua minerale di Ridracoli. Per giunta, Romagna Acque, non appena entrata in possesso, nel 2010, dell'acquedotto NIP di Ravenna, ha smantellato il laboratorio che ne controllava puntualmente la salubrità delle acque trattate anche dal punto di vista organolettico (sapore, odore, colore), col risultato che, specialmente d'estate, l'acqua che scende dai rubinetti delle nostre case lascia a desiderare, a parte il clamoroso drammatico caso dell'agosto/settembre 2013.
 

Il fatto è che il Comune di Ravenna è di gran lunga il principale azionista di Romagna Acque, tramite la propria cassaforte societaria di Ravenna Holding, che ne possiede il 23,19 per cento delle azioni. Ne ha dunque pagato e ne paga la maggior parte di tutti gli investimenti, dall'opera maggiore, l'acquedotto stesso di Ridracoli, alla seconda più importante, il potabilizzatore stesso della Standiana, passando, da ultimo, per il raddoppio del depuratore di Rimini, chissà perché "realizzato con un contributo decisivo di Romagna Acque" (detto sempre dal sindaco di Ravenna, ignaro che nel nostro Comune i depuratori li hanno pagati e li pagano interamente i suoi concittadini). Centinaia di milioni di impossibile quantificazione. Di tanta generosità a Ravenna non ritorna niente, perché il nostro Comune, già quasi autosufficiente col proprio acquedotto, avrebbe potuto diventarlo totalmente con una spesa enormemente minore, eventualmente pagando il dovuto nel momento raro del bisogno.
 

Al danni si aggiungono le beffe. Romagna Acque è un'azienda totalmente pubblica, in cui è stata concentrata la proprietà di tutte le fonti idriche della Romagna. Vende all'ingrosso l'acqua potabile ad Hera, società a maggioranza pubblica, che la vende al minuto. Entrambe le società agiscono in condizioni di monopolio, cioè facendosi le tariffe senza concorrenza. Romagna Acque, in particolare, dovrebbe preoccuparsi, più che di accantonare utili, di diminuire i costi dell'acqua venduta ad Hera, che ricadono sulle tasche di tutti i cittadini. I dati del 2014 dimostrano, però, che i suoi utili prima delle imposte sono stati di 11,661 milioni, superiori a quelli preventivati di 5,460, grazie "in particolare ai maggiori ricavi dovuti agli incrementi tariffari'. Ma le famiglie ravennati pagano, secondo i dati del bilancio 2013, le bollette più care di tutta la Romagna, le seconde più alte nella regione e tra le più alte in Italia".

Alvaro Ancisi, capogruppo Lista per Ravenna

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