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Cronaca Faenza

Blitz antimafia, sequestrati beni per 20 milioni a un imprenditore che tentò un omicidio a Faenza

L'uomo viene definito dagli inquirenti come “l’esempio di un imprenditore che ha fondato un percorso di accumulo patrimoniale interamente illecito, basato, in particolare, sulle attività usurarie ed estorsive, oltre che sull’evasione fiscale”

E' scattato nella giornata di venerdì il blitz della Guardia di Finanza di Catania che, col supporto dello Scico, ha sequestrato beni mobili e immobili per 20 milioni di euro a Salvatore Randone, imprenditore originario di Misterbianco, nel catanese, e residente a Rimini, attivo principalmente nel settore delle costruzioni e nella lavorazione dei metalli. Il 65enne nel 2009 era finito in un’inchiesta per tentato omicidio a Faenza, dove l'artigiano Salvatore Arena fu ferito a colpi di pistola mentre tornava a casa - Randone è ritenuto il mandante dell'omicidio e per questo è stato condannato a 20 anni di carcere.

L'uomo viene definito dagli inquirenti come “l’esempio di un imprenditore che ha fondato un percorso di accumulo patrimoniale interamente illecito, basato, in particolare, sulle attività usurarie ed estorsive, oltre che sull’evasione fiscale”. Cresciuto sull'asse Sicilia-Emilia-Romagna, l'uomo non si sarebbe mai allontanato dal clan dei Nicotra costruendo un vero e proprio impero. Oggetto del sequestro sono stati 70 immobili nelle province di Catania e Bologna, tra cui quattro ville a Misterbianco, di cui una con piscina; le quote societarie di 10 società operanti in provincia di Catania e Bologna e attive nei settori della costruzione di edifici, mediazione immobiliare, facchinaggio e movimentazione delle merci e dodici automezzi. Sequestrate anche disponibilità finanziarie (rapporti di conto corrente e polizze pegni) di Randone, dei suoi famigliari e delle società.

Il Tribunale di Bologna nell'agosto dello scorso anno aveva disposto il sequestro dell'intero patrimonio di Randone. Successivamente aveva dichiarato la propria incompetenza territoriale e trasmesso gli atti alla Procura della Repubblica etnea. Le investigazioni hanno consentito di evidenziare la ritenuta pericolosità sociale di Randone, che dal 1991 al 2016 è risultato essere sottoposto a indagini - oltre che per tentato omicidio - anche per usura ed estorsione, in un caso anche aggravata dal metodo mafioso, e per reati tributari. Evidenziata anche una presunta sproporzione tra il profilo reddituale del suo nucleo familiare e il complesso societario a lui riconducibile.

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