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Cronaca

Finanziare la ricerca per la salute: i progetti della Fondazione Del Monte

I progetti riguardano studi su malattia di Parkinson, fragilità ossea, sensibilità al glutine non celiaca, autismo, ricerca sulle mutazioni del Dna nelle cellule leucemiche durante le terapie, infezione cronica da epatite B

La Fondazione del Monte di Bologna e Ravenna sostiene da sempre la Ricerca scientifica, nella crescita di competenze e innovazioni scientifiche. Sabato, nel corso della giornata dedicata alla Ricerca medica dal titolo ‘Finanziare la ricerca per la salute’, sono stati presentati i sei progetti in ambito medico e biomedico finanziati e completati grazie al contributo della Fondazione. I progetti riguardano studi su malattia di Parkinson, fragilità ossea, sensibilità al glutine non celiaca, autismo, ricerca sulle mutazioni del Dna nelle cellule leucemiche durante le terapie, infezione cronica da epatite B.

Nel corso dell’incontro è stato anche presentato il nuovo Bando Ricerca 2024 – dedicato alla ricerca biomedica-clinica – disponibile dal 19 febbraio sul sito www.fondazionedelmonte.it nella sezione Bandi. "L’evento ‘Finanziare la Ricerca per la salute’ - commenta Pierluigi Stefanini, presidente della Fondazione del Monte - è lo specchio del nostro impegno che testimonia trasparenza, restituendo gli esiti di un lavoro atto a contribuire al benessere dei cittadini".

Nel 2024, ricorda Stefanini, "la Fondazione adotterà come punto di riferimento l’Agenda 2030 dell’Onu per la programmazione di attività e missioni, oltre alla messa a terra di strategie atte a calare la dimensione globale e universale dell’Agenda Onu nella vita delle persone e delle organizzazioni collettive". "La Ricerca scientifica e tecnologica è uno dei quattro principali settori di intervento della Fondazione, al quale è riservato il 10% delle risorse destinate ai contributi", afferma Marco Viceconti, consigliere di amministrazione delegato al settore Ricerca scientifica della Fondazione. Investimenti cui è affiancato l’impegno nella costruzione della Torre Biomedica del Policlinico Sant’Orsola-Malpighi di Bologna, rinnovato anche per il 2024 per un totale di un milione di euro.

Identificazione di un metodo per la diagnosi della sensibilità al glutine non celiaca

La fisiopatologia della sensibilità al glutine non celiaca (NCGS), condizione che interessa tra lo 0,6 e il 6% della popolazione, è ancora poco nota e non sono attualmente disponibili biomarcatori a fini diagnostici. Pertanto, la diagnosi viene ipotizzata, ma difficilmente provata con certezza. Il progetto del gruppo coordinato da Giovanni Barbara (Dipartimento di Scienze mediche e chirurgiche dell’Università di Bologna) ha permesso di sviluppare un algoritmo per la diagnosi dell’NCGS basato sul dosaggio di una proteina sierica, la zonulina, e sulla valutazione dei sintomi riferiti dai pazienti. Si tratta di un metodo semplice che richiede procedure non invasive per il paziente e che, una volta validato in una popolazione più ampia ed eterogenea, garantirebbe una diagnostica oggettiva e rapida per i tanti pazienti affetti da tale condizione.

Quantificazione HBV-RNA per il monitoraggio dell’infezione cronica da HBV

L’epatite cronica B (CHB) causata dal Virus dell’Epatite B (HBV) è ancora oggi un grave problema di salute pubblica che colpisce circa 296 milioni di persone in tutto il mondo. I farmaci antivirali oggi disponibili possono sopprimere la replicazione virale ma non eradicare completamente l’infezione da HBV. Lo scopo dello studio – che ha visto come responsabili Tiziana Lazzarotto (UOC Microbiologia, IRCSS Azienda ospedaliero-universitaria di Bologna, Microbiologia, Dipartimento di Scienze mediche e chirurgiche, Università di Bologna), Greta Roncarati e Silvia Galli (UOC Microbiologia, IRCSS Azienda ospedaliero-universitaria di Bologna), Tiziano Ferniani (Microbiologia, Dipartimento di Scienze mediche e chirurgiche, Università di Bologna) – è stato quello di valutare un potenziale marcatore di replicazione virale denominato RNA virale pregenomico (pgRNA) allo scopo di migliorare la classificazione e il management della malattia epatica cronica HBV-relata.

Studiare una malattia rara per comprendere la fragilità ossea

La fragilità ossea è un fenomeno molto diffuso e l’incidenza delle fratture da fragilità aumenta progressivamente con l’avanzare dell’età, a partire dai 50 anni. In alcune malattie rare l’osteoporosi si manifesta fin dai primi anni di vita, come succede per l’Osteogenesi Imperfetta. Questa patologia, causata primariamente da mutazioni genetiche che alterano il collagene, è caratterizzata da fratture ricorrenti, deformità ossee e bassa statura. Il progetto del team coordinato da Luca Sangiorgi (SC Malattie Rare scheletriche, IRCCS Istituto Ortopedico Rizzoli - IOR, Bologna) ha investigato i dati multimodali raccolti nell’arco di 16 anni nel Registro dell’Osteogenesi Imperfetta attivo presso la SC Malattie Rare scheletriche dello IOR. I dati raccolti sono stati analizzati tramite strumenti statistici e intelligenza artificiale, permettendo, con questo duplice approccio, non solo di comprendere le manifestazioni della patologia, ma di clusterizzare i pazienti in base a specifiche caratteristiche cliniche e non. Questa esperienza, sia in termini di gestione dei dati che di approcci analitici, potrà fungere da modello da applicare ad altre patologie caratterizzate da fragilità ossea, come l’osteoporosi post-menopausale.

Disturbi del controllo degli impulsi nei pazienti con malattia di Parkinson

La terapia della malattia di Parkinson ricomprende la categoria degli agonisti dopaminergici (pramipexolo, ropinirolo, rotigotina) il cui utilizzo è stato associato alla comparsa di disturbi del controllo degli impulsi (DCI). I DCI includono gioco d’azzardo, shopping compulsivo, alimentazione compulsiva, ipersessualità. Altri comportamenti impulsivi-compulsivi sono l’hobbismo (uso eccessivo di Internet, intenso esercizio fisico, ipercreatività), il punding (attrazione per compiti ripetitivi e afinalistici), l’abuso nell’assunzione di farmaci dopaminergici. Si tratta di effetti spesso non riferiti dai pazienti, sottovalutati o non riconosciuti dai famigliari, dalle ricadute gravi dal punto di vista personale, relazionale e talvolta finanziario.

Scopo del progetto del gruppo di studio guidato da Manuela Contin (IRCCS Istituto delle Scienze neurologiche di Bologna, Dipartimento di Scienze biomediche e neuromotorie, Università di Bologna) è stato quello di valutare le possibili differenze delle concentrazioni plasmatiche dei farmaci sopracitati e del profilo psicologico in pazienti con malattia di Parkinson con e senza evidenze di DCI, in base ad uno screening effettuato mediante un apposito questionario. Dei 105 pazienti reclutati per lo studio, 41 (39%) sono risultati positivi a DCI. Alimentazione incontrollata (24%) e hobbismo (25%) i disturbi più frequenti. Il questionario per la valutazione del grado d’impulsività potrebbe rappresentare un utile strumento di screening in pazienti candidati alla terapia dopaminergica, in quanto una sua positività potrebbe essere un fattore di rischio per lo sviluppo di DCI.

I difetti dell’ippocampo influenzano la memoria sociale nell’autismo e nei disturbi correlati

Il disturbo dello spettro autistico (ASD) si manifesta precocemente e influenza la comunicazione e il comportamento. Vari disturbi del neurosviluppo di origine genetica – tra cui la sindrome di Down (DS) – sono correlati all’ASD. In queste diverse condizioni i soggetti mostrano una compromessa memoria sociale, l’incapacità di avviare interazioni sociali anche non verbali e l’alterato sviluppo del linguaggio. Questi difetti sono correlati ad alterazioni anatomiche e funzionali cerebrali. L’ippocampo, una regione del cervello deputata alla formazione della memoria, inclusa quella sociale, presenta notevoli difetti di sviluppo in molte condizioni considerate correlate all’autismo.

Lo scopo del progetto del gruppo coordinato da Sandra Guidi (Dipartimento di Scienze biomediche e neuromotorie, Università di Bologna) è stato quello di analizzare la struttura dell’area CA2 e la sua funzione nel comportamento in un modello murino di DS, il topo Ts65Dn. Queste analisi hanno evidenziato un deficit nello sviluppo dei neuroni di questa area e, contemporaneamente, un difetto del comportamento anche sociale del topo Ts65Dn. Il progetto rientra in uno studio più ampio sulla DS che ha come obbiettivo quello di testare terapie utili a migliorare lo sviluppo cerebrale nel modello animale, che possano potenzialmente essere trasferite all’uomo.

L’importanza della ricerca di mutazioni del DNA nelle cellule leucemiche e preleucemiche durante la terapia farmacologica

Le Neoplasie Mielodisplastiche (MDS), tumori del sangue che si manifestano soprattutto in soggetti sopra i 60 anni, sono caratterizzate dall’incapacità del midollo osseo di produrre cellule normali. Sono malattie clonali, perché è una singola cellula staminale che, presentando alterazioni del DNA (mutazioni), genera cellule maligne. dell’età. Le MDS sono normalmente trattate con farmaci che agiscono sul DNA, sebbene senza l’obiettivo di alterarlo, poiché hanno come bersaglio molecole che si legano intorno al DNA stesso.

Il progetto – di cui sono responsabili Lucio Cocco e Matilde Y. Follo (Dipartimento di Scienze biomediche e neuromotorie, Università di Bologna) – intendeva comprendere se alcuni farmaci attualmente usati per la cura delle MDS potessero essere clinicamente efficaci senza indurre mutazioni nel DNA stesso. I risultati ottenuti hanno mostrato che la terapia, nella maggioranza dei casi, è efficace e con pochi effetti collaterali. Al contrario, nei pazienti che non hanno poi risposto alla terapia o che l’hanno persa precocemente, il trattamento farmacologico non solo non era efficace, ma il loro DNA ha mostrato un numero maggiore di mutazioni rispetto al numero di mutazioni presenti prima di iniziare la terapia. Studi in laboratorio hanno poi mostrato che l’inibizione di questi geni alterati può ridurre la proliferazione delle cellule tumorali, per cui sarebbe possibile sviluppare nuovi farmaci mirati per i pazienti che non rispondono a questo tipo di terapia e che presentano queste alterazioni del DNA.
 

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