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Caso Idem, Ancisi (LpR): "Il ruggito di Matteucci a Josefa"

Nota- Questo comunicato è stato pubblicato integralmente come contributo esterno. Questo contenuto non è pertanto un articolo prodotto dalla redazione di RavennaToday


Si è svolta ieri la prima udienza preliminare del procedimento giudiziario che vede la senatrice Josefa Idem accusata di truffa aggravata  per essersi fatta assumere in modo fittizio come unica dipendente dell' associazione sportiva di cui era presidente il marito, pochi giorni prima di essere confermata, nel 2006, assessore comunale allo Sport  In tal modo, il Comune, come prevede la legge per i lavoratori che vanno in aspettativa per assumere incarichi politico-amministrativi, avrebbe pagato i suoi contributi previdenziali. L’udienza è stata rinviata a maggio, ma il procedimento ha assunto una svolta “accusatrice” importante a seguito dell’atto di costituzione in giudizio del Comune di Ravenna, depositato ieri, con cui il sindaco rivendica il risarcimento di due danni civili: patrimoniale, per gli 8.642 euro versati dal Comune, più 1.500 di interessi, e d’immagine dell’amministrazione, per altrettanti 8.642.  Giusto, ma bisogna risalire agli antefatti prima di valutarne la linearità. 

MATTEUCCI/IDEM PRIMO ATTO
L’iniziativa della magistratura è stata avviata dall’esposto che trasmisi alla Procura il 23 agosto 2013, argomentato e documentato al dettaglio delle conseguenti indagini giudiziarie. Erano emerse sulla stampa delle irregolarità fiscali sull’IMU versata dalla Idem e degli abusi urbanistico-edilizi compiuti nella trasformazione di una sua abitazione in palestra, abusi ai quali io stesso avevo dato l’input, con la nota: “SULLE ABITAZIONI (e non solo) DEI CONIUGI IDEM-GUERRINI”: fatti in vero facilmente sanabili e sanati. Ebbi allora una più dirompente intuizione: controllare il fascicolo del Comune contenente la richiesta della Idem di pagamento degli oneri previdenziali in quanto lavoratrice dipendente, posizione per me sorprendente. Ne ricavai elementi di eventuale ipotesi  penale meritevoli di accertamento da parte dell’amministrazione comunale, sottoponendo al sindaco, con un’interrogazione del 22 giugno 2013, la necessità di provvedervi, anche attraverso la polizia municipale e l’ufficio legale, trasmettendone poi le risultanze alla Procura: lo stesso percorso da lui fatto per le altre questioni. Al suo rifiuto, espresso nel consiglio comunale del 27 giugno stesso, non potei che rivolgermi io stesso alla Procura, avendo l’obbligo di farlo per non incorrere nell’art. 361 del codice di procedura penale, per “omessa denuncia di reato da parte del pubblico ufficiale”. All’atto poi della conclusione delle indagini giudiziarie così innescate, il sindaco dichiarò, il 19 marzo 2014: “Mi auguro e confido che, come rivendicato con nettezza nella dichiarazione che la Senatrice Idem ha rilasciato in queste ore, l'iter giudiziario accerti la sua estraneità  ad ogni illecito”. 

MATTEUCCI/IDEM SECONDO ATTO
Tali augurio e fiducia non corrispondono, però, a quanto Matteucci stesso ha invece “accertato” su quegli stessi fatti, venuto in luce ieri col deposito dell’atto di citazione in giudizio; e cioè che: la Idem “approfittando, in concorso con suo marito, del ruolo istituzionale che le stava per essere attribuito e che le è stato assegnato” - dal sindaco stesso con  l’incarico di assessore - “ha dimostrato di considerare la stessa amministrazione comunale, cioè l' istituzione che rappresentava, un soggetto da sfruttare per un proprio tornaconto personale, svilendone così il ruolo agli occhi della collettività. Il tutto segnato da “una stretta concatenazione temporale”, in un “quadro indiziario univoco  sempre secondo l’atto dal quale emerge, con evidenza, la natura simulata” dell' accaduto. 

SOLIDARIETÀ
Chapeau. Io non ero mai arrivato ad esprimere un giudizio politico così severo, anzi non ne ho mai espresso alcuno, facendo parlare solo i fatti. Verso la Idem non ho mai detto niente di personale, bensì sollevato un problema di correttezza istituzionale verso il Comune di cui, come consigliere, sono per legge un controllore. Se è ben noto che le sue dimissioni da ministro, da me non richieste, sono conseguenza degli aspetti penali di questa vicenda, non delle irregolarità “minori” in precedenza emerse, credo che la Idem meriti di portare in fondo il mandato di senatrice ricevuto dagli elettori, del quale peraltro apprezzo le iniziative sullo sport. C’è di molto peggio in quelle aule. E dire che, tra i tanti epiteti ricevuti al riguardo dal suo partito, non mi è mancata, dal parlamentare ravennate on. Pagani, quella di “poveretto”  dedito alla sua “solita battaglia politica”. Presumo che oggi Matteucci sia considerato dal suo partito più “poveretto” di Ancisi, cioè il massimo della povertà politica. Ogni persona folgorata sulla via di Damasco è per me un segno della provvidenza. Perciò posso solo dimostrargli solidarietà, non chiedendogli se è consapevole di come, rifiutando il 27 giugno 2013 di comunicare alla Procura ciò che avrebbe dovuto sapere avendoglielo esposto, potrebbe essere incorso nell’art. 361 cpp.

Alvaro Ancisi, capogruppo di Lista per Ravenna
 

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