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Cronaca Centro / Via Dario Dradi

Giulia aveva smesso di prendere gli psicofarmaci: "Me lo consigliò lo psichiatra". Il Pm chiede la custodia in struttura

È quanto ha raccontato agli inquirenti la donna che si è gettata dal nono piano insieme alla figlia e alla cagnolina, durante il lungo interrogatorio in ospedale. Lo psichiatra, tuttavia, non è ancora stato sentito dalla Polizia

Aveva smesso di assumere i farmaci da più di un mese Giulia Lavatura, la 41enne che lunedì mattina si è gettata da un'impalcatura del condominio in cui viveva insieme alla figlia Wendy di sei anni e alla loro cagnolina Jessy, morte entrambe nell'impatto. O almeno questo è quanto detto la stessa donna, miracolosamente sopravvissuta dalla caduta dal nono piano dopo un volo di 25 metri, durante l'interrogatorio avvenuto ieri all'ospedale Bufalini di Cesena, dove si trova ricoverata in stato d'arresto.

Oggi pomeriggio all'interno nel nosocomio cesenate si è tenuta l'udienza di convalida dell'arresto. Il pm Stefano Stargiotti ha chiesto la convalida dell'arresto e la misura cautelare in una struttura di cura. La difesa, avvocato Massimo Ricci Maccarini, ha chiesto di non convalidare l'arresto, affermando che la donna non è imputabile, e una misura di sicurezza in una casa di cura, perché non si faccia del male. Il giudice si è riservato la decisione. 

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A suggerire alla 41enne di interrompere le cure, a suo dire, sarebbe stato uno psichiatra che l'aveva in cura: "Dopo i primi di dicembre, quando ho visto (nome del medico del quale tuteliamo la privacy, ndr), ho sospeso la terapia, così come mi ha consigliato. I farmaci ne ho un surplus a casa. (...) mi disse di buttare tutto nel bidone, di fatto negli ultimi giorni avevo smesso di prenderli. Mio padre non lo sapeva che avevo smesso la terapia, mi sarebbe venuto a prendere a piedi. Comunque le analisi le avevo fatto a novembre". Lo psichiatra, tuttavia, non è ancora stato sentito dalla Polizia e avrà quindi modo di chiarire le dichiarazioni della sua paziente.

Peluche e fiori sotto al palazzo in cui è morta la piccola Wendy (foto Massimo Argnani)

La 41enne, difesa dall'avvocato Massimo Ricci Maccarini, ha spiegato agli inquirenti che aveva deciso di compiere l'insano gesto fin dal 22 dicembre scorso: "Avevo continuamente dei dubbi - ha ammesso però la donna - Potevo trovare un muratore sul ponteggio quando ci salivo, mi avrebbero poi mandato la Csm (la donna da oltre dieci anni era seguita dal Centro di salute mentale di Ravenna a causa di un disturbo bipolare, ndr); avevo paura che ci fosse un allarme".

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Poi ha spiegato nel dettaglio gli ultimi attimi prima di tentare il suicidio: "Ho preso la scarpiera dal corridoio, avevo pensato alla scaletta ma soffro di vertigini quindi ho preferito il pouf, ce l'ho messo quella mattina, poi sono andata a prendere Wendy, ero determinata, per me era invivibile non solo per le questioni economiche". La donna ha però assicurato di non aver dato farmaci o altre sostanze alla piccola: "Ho finito di sistemare il cane e l'ho ripresa in braccio, le ho detto di stare tranquilla ma non le ho dato assolutamente niente. Non volevo macchiarmi di un omicidio, paradossalmente invece ora io sono viva e mi trovo con questa colpa".

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